Dall’intervento presentato in occasione del seminario della giornata della Letteratura Area Lazio organizzato da Alcolisti Anonimi (Roma, 8 maggio 2016)


Le righe che seguono nascono da una riflessione del mio personale percorso di professionista impegnata da più di 20 anni nella lotta all’alcolismo. Quando iniziai a lavorare come psicologa mi confrontai con l’Alcolismo. Era il 1994 e, in ambulatorio arrivavano persone adulte, prevalentemente uomini al di sopra dei 50 anni. Arrivavano con lo sguardo….stanco come chi non sapeva più cosa fare per dire no al bicchiere e alla bottiglia; distrutto dalle delusioni della vita; atterrito dalla forza con cui era riuscito, senza volerlo e suo malgrado, a smontare la sua esistenza un pezzo alla volta; impaurito dal vedere solo le proprie ombre con l’idea di un senza futuro; timido, vergognandosi di quella che non aveva ancora compreso essere una malattia. Quasi mai da solo, a volte accompagnato da un amico degli AA, a volte accompagnato da un familiare. Alcolismo. Tecnicamente “una malattia multidisciplinare che necessita di unapproccio multimodale…..”, eccetera eccetera, eccetera. Umanamente una malattia dell’anima che parte da un dolore profondo e che aquel dolore ritorna, bicchiere dopo bicchiere. Quel bicchiere vorrebbe essere una carezza di sollievo e messa tacere delle inquietudini. Diviene invecesempre più una ferita che non scalda il dolore iniziale che l’ha prodotta, ma ne aumenta la forza e la potenza distruttiva. L’attivazione del circolo vizioso è compiuta ed il cammino nella spirale della progressiva sofferenza è avviato. Ma … Ma la spirale è simbolo di cambiamento e il cambiamento può avere più di una direzione, non solo verso il basso, anche verso l’alto. E così, un giorno, magari dopo vari tentativi e tentennamenti, al di là di ognia spettativa nei confronti del mondo e di se stessi, mentre la mente e la mano tornano a quel bicchiere, succede qualcosa che non era mai accaduta prima. Un pensiero diverso, nuovo, si insinua nel turbine della non lucidità e della disperazione, spinto dall’affannosa ricerca di un appiglio alla vita. E’ il momento della presa di coscienza di avere un problema, del coraggio di uscire dall’isolamento e dell’umiltà di chiedere aiuto. Con semplicità ma anche con altrettanta fatica, in un percorso assolutamentenon lineare. Così i vari Antonio, Emilio, Loredana, Chiara (pseudonimi) che ho incontrato hanno preso un telefono o hanno accettato di essere accompagnati, hanno avuto il coraggio di rischiare un’altra delusione ed hanno iniziato ad Amarsi …un giorno alla volta. Ancora una riflessione dal tema del seminario di oggi: la parola recupero, vuol dire letteralmente ri-predendere ciò che è proprio, riportare in salvo qualcosa. Nel recupero è quindi insita l’idea di rendere nuovamente disponibili possibilità, risorse, potenzialità. Il recupero, quindi, pur nell’innegabile fatica e difficoltà che lo accompagna, è speranza e futuro. Il mio augurio è quindi, che ognuno possa recuperare il proprio “MA” per uscire dalla disperata “buia notte dell’alcolismo”, o per continuare il proprio viaggio di conoscenza e riscoperta amorevole di sé.


Dott.ssa Maria Nuovo
Psicologa e psicoterapeuta
Presidente Associazione Centro Oikia (onlus) – Roma